Nostalgia

 

Ieri sera canzone nuova per la Prato Gospel School. Bella, ma molto complicata, una serie quasi infinita di ripetizione di questa sola frase, con tantissime varianti nella melodia, e chi potrà mai ricordare tutto? Una canzone che cambia, risuona, rimbalza ora da una parte, ora dall’altra, ora cresce, ora è un sussurro lieve, ora è semplice come una canzoncina da bambini, ora è complessa, come il cuore dell’uomo.

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Forse perché ci sentiamo costantemente stranieri, o forse perché abbiamo sete di chissà cosa, forse perché sono mille le porte che ci si sono chiuse davanti ed abbiamo bisogno di trovarne almeno una aperta, o perché ci sentiamo soli, in questo lungo cammino, e vorremmo qualcuno accanto a noi… forse perché abbiamo soltanto bisogno di pace, di potersi sedere e dire: “Ecco, sono arrivato”,

Better is one day in your course than thousand elsewhere. (E’ meglio un giorno nei tuoi atri che mille altrove)

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Canto di pellegrinaggio (Salmo 84)

Quanto sono amabili le tue dimore,
Signore degli eserciti!
L’anima mia languisce
e brama gli atri del Signore.
Il mio cuore e la mia carne
esultano nel Dio vivente.
Anche il passero trova la casa,
la rondine il nido,
dove porre i suoi piccoli,
presso i tuoi altari,
Signore degli eserciti, mio re e mio Dio.

Beato chi abita la tua casa:
sempre canta le tue lodi!
Beato chi trova in te la sua forza
e decide nel suo cuore il santo viaggio.

Passando per la valle del pianto
la cambia in una sorgente,
anche la prima pioggia
l’ammanta di benedizioni.
Cresce lungo il cammino il suo vigore,
finché compare davanti a Dio in Sion.

Signore, Dio degli eserciti, ascolta la mia preghiera,
porgi l’orecchio, Dio di Giacobbe.
Vedi, Dio, nostro scudo,
guarda il volto del tuo consacrato.
Per me un giorno nei tuoi atri
è più che mille altrove,
stare sulla soglia della casa del mio Dio
è meglio che abitare nelle tende degli empi.

Poiché sole e scudo è il Signore Dio;
il Signore concede grazia e gloria,
non rifiuta il bene
a chi cammina con rettitudine.
Signore degli eserciti,
beato l’uomo che in te confida.

 

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A praying spirit

Come ogni anno, ormai un’abitudine, la sera di pasqua c’è il concerto del Prato Gospel Choir diretto da Leandro Morganti. Insomma, SIAMO NOI!

Praticamente, ricordo per i distratti di cosa si tratta: la Prato Gospel School (prima scuola di gospel a Prato, diretta e amata da Leandro Morganti ) ha debuttato, col nome di Prato Gospel Choir, la sera di pasqua 2009. Da allora abbiamo mantenuto questo appuntamento col quale intendiamo ringraziare del cammino percorso e ricaricarci gioiosamente per un nuovo anno di gospel insieme.

Quest’anno mi pare che abbiamo avuto un avvicinamento particolare a questo evento, con un seminario durato due giorni – e concerto finale – e una partecipazione ad un evento presso il Teatro Metastasio. Occasioni, credo,  nelle quali abbiamo avuto occasione di ripensare e rivalutare il nostro percorso, le nostre motivazioni, ciò che ci muove, insomma, e continua a spingerci avanti.

Occorre dire che non è stato possibile preparare adeguatamente questo concerto dell’Anniversario.  Gli eventi di cui sopra, che ci hanno assorbito per alcune serate, l’ingresso di alcuni corsisti – coristi nuovi (e qui, devo aggiungere nota del tutto personale, con mio grande piacere, mia figlia Giulia e la partecipazione dell’altra figlia, Marta, al seminario insieme a noi) brani nuovi da studiare, eccetera eccetera, ma…. in fondo queste cose non ci fanno paura, specie in questa occasione. E’ la nostra festa, festa che vogliamo condividere e, credo, ciò che ci preme maggiormente, in questa occasione, è essere ciò che siamo, così, semplicemente, familiarmente.

E dunque, la macchina si è messa in moto come al solito, coi volantini e gli annunci su facebook, gli inviti e il passaparola come da prassi.

A me piace tantissimo questo concerto. Mi pare sia un momento nel quale proprio posso essere me stesso, felice di cantare, di stare insieme ai miei amici, quelli coi quali ho condiviso mesi di lavoro nel nostro “bunker”, fatica, ripetere, ripetere, correggere, correggere (e il coach, che si chiama ancora Leandro, pazienza, pazienza, aggiusta, aggiusta…..)

Quest’anno, tra l’altro, la nostra preparazione è stata più spirituale che tecnica. Leandro ci ha invitati a considerare maggiormente il nostro aspetto di “gruppo” (beh, in effetti io avrei voluto scrivere “comunità”, ma….) cioè insieme, amalgama, unità d’intenti, desiderio di “raccontarci” ma soprattutto di “essere” il più possibile “fraternità”.

—–

E’ sempre bello arrivare verso le 19 alla chiesa dove avremo il concerto (che poi è la parrocchia che ci ospita), o almeno per me lo è. E’ un po’ come scendere dolcemente in un mondo diverso, col sole che tramonta, la giornata che si avvia al suo termine, e il nostro concerto che si avvicina, gli strumenti che vengono disposti, preparati, le voci tenute basse, come in un tempo sospeso nel quale pian piano arrivano tutti, ci si saluta, si scambiano due chiacchiere.

Devo dire che quest’anno sono arrivato al concerto stanchissimo. Addirittura incerto se cantare o meno. Avevo avuto una settimana un po’ pesante e stavo risentendo tutto insieme…. Insomma, avevo anche paura, perché non sapevo come avrei potuto giustificare (prima di tutto a me stesso) una eventuale mancata partecipazione, ma ero davvero … a pezzi.

Il tempo passa, gli strumenti a posto, facciamo una piccola prova  (piccola, ma molto, molto intensa) e poi andiamo a prepararci per l’inizio del concerto. Come sempre, un po’ di chiacchiere, qualche scherzo leggero, ma già è tempo, ci prendiamo per mano, Leandro ci ricorda e chiede per noi la forza di testimoniare, di ESSERE. Più che le parole, è la voce rotta dalla commozione di Leandro, i suoi occhi lucidi, gonfi come una diga che stia per cedere, è l’amore che sentiamo  in lui per ciò che facciamo che ci danno una nuova carica, e usciamo verso il nostro concerto…..

La prima canzone è “A praying spirit” , tema e contenuto di questo concerto.  “Signore, dammi uno spirito di preghiera, Signore, insegnami a dire SI!”

Credevo sinceramente che alla fine avrebbe vinto la stanchezza, ma la gioia di stare insieme, di cantare insieme, di cercare , ancora una volta, di raccontare ciò che sentiamo dentro spingere e lottare per uscire, ha avuto la meglio, e mi sono buttato nel concerto, certo non col meglio di quello che so fare ma col mio desiderio vivissimo di esserci, di stringere, ed essere stretto, in questa morsa di musica e di amore, di fatica e di gioia, di condivisione, di piacere di essere vicini, di sostenersi, di andare insieme…..

E’ finito, il concerto, con un momento nel quale sono venuti a cantare con noi quelli che hanno condiviso con noi la gioia di cantare, cori amici, amici coi quali abbiamo cantato assieme….ed è stato significativo, secondo me, che di fronte ad una richiesta di bis (che di solito non facciamo) abbiamo cantato “Be glorified” il pezzo che forse piu’ di tutti rappresenta la nostra storia. E dopo, i saluti degli amici che ci sono venuti a sentire, e la stanchezza che mi riprende del tutto, ma ancora un passo, irrinunciabile ormai, andiamo a mangiare qualcosa insieme come di tradizione. Chiacchiere, impressioni, la birra fresca è una delizia, ma ad un tratto, ecco cio’ che ha pagato, per me, tutta la fatica, ecco ciò che per me è stato il momento piu’ bello di questo concerto. Ho alzato gli occhi dal mio boccale, vedo Leandro che si alza dal tavolo, va verso Sergio, suo padre, presidente dell’associazione, ma soprattutto grande tifoso e sostenitore della Prato Gospel School… è un abbraccio bellissimo, tra loro, e mi commuove profondamente, sono felice della loro felicità. Cosa si può volere più di tutto questo?

grazie, grazie di cuore a tutti. Grazie Leandro, grazie Sergio!

Bless me.

E già, con questo post, sono ad una settimana di ritardo! In effetti la nuova canzone (no, che pensate, che cantiamo solo le cose che scrivo qui? Abbiamo ormai perso il conto di quanto sia vasto il repertorio della nostra scuola/coro.) ci ha colpiti molto, CI nel senso delle persone con le quali ho potuto parlare.  Il nostro Jacopo, che è arrivato più tardi alla lezione (eh, la scuola!) ha sentito una frase ed è rimasto incantato. E penso proprio che avesse ragione.

E’ strano, ma anche adesso sono commosso. E’ davvero come una benedizione che sento scendere su di noi, un senso di pace, di completezza. di BENEDIZIONE.

Ecco il testo:

Bless me, bless me
Oh Lord, bless me indeed,
Enlarge my territory
Oh Lord, bless me indeed
(I pray for increase)
Bless me indeed
(I pray for increase)

Increase, increase
Oh Lord, bless me indeed,
Enlarge my territory
Oh Lord, bless me indeed
(I pray for increase)
Bless me indeed

Soloist:
Keep Your hands upon me
So that evil cannot harm me
Sunshine and rain, sickness and pain
God, I humbly come to You
Enlarge my territory
Enlarge my territory

Choir:
Oh Lord, bless me indeed
(I pray for increase)
Bless me indeed

Metto qui sotto la mia traduzione, che in fondo è la mia preghiera.  Per cui, se vuoi leggerla, puoi anche pensare che stiamo pregando insieme.
“Benedicimi, benedicimi!
O Signore, davvero, benedicimi!
Espandi il mio territorio,
o Signore benedicimi davvero!
(ti prego, benedicimi ancora)
Benedicimi davvero
(ti prego, benedicimi ancora)
Ancora, ancora,
O Signore, davvero, benedicimi!
Espandi il mio territorio,
o Signore benedicimi davvero!
(ti prego, benedicimi ancora)
Benedicimi davvero
Tieni la tua mano su di me
che il male non possa ferirmi
sole e pioggia, malattia e dolore…
Dio, io vengo a te umilmente
Espandi il mio territorio……..
——-
Eh, il Coach lo sa che in questa canzone c’è una frase che non mi piace: “Enlarge my territory”, che poi rappresenta ciò che alcune chiese ritengono vero, e cioè che la vera fede sarà premiata da Dio con una vita di benessere e prosperità. Io non credo che le cose siano così automatiche, che il Signore, in qualche modo, paghi il conto da subito. Anche perché, in un mondo come questo nostro, di solito la prosperità di uno è a scapito di un altro,e non ci trovo troppa giustizia, in questo. Ma….
Stamattina lo volevo proprio scrivere questo post, e son andato a cercare sul “tubo” questa canzone, e l’ho riascoltata (tra l’altro era una versione con praise dance) e di botto ho capito.
Ultimamente il mio territorio si è molto allargato, si. E senza rubare risorse a nessuno, senza sottrarre niente a chicchessia. E’ questa esperienza della scuola gospel, e tutte le persone che ho incontrato, e l’amicizia, l’affetto che c’è tra noi.
Quanto ci benedirai ancora, o Signore? Davvero sentiamo la tua mano su di noi, sappiamo che ci accompagni e ci sostieni.
Uno per uno, benedicici, Signore!
Nel battesimo così come viene amministrato nella chiesa cattolica è inserito un piccolo segno, fatto di una sola parola e di due piccoli gesti: “effata” che significa “apriti” e il tocco degli orecchi e della bocca. Che i nostri orecchi si aprano all’ascolto e alla comprensione della parola di Dio e al nostra bocca si apra per annunciarla. Per noi, con questo piccolo, bellissimo mezzo che è il gospel, cioe’… proprio la Sua Parola.

My soul doth magnify the Lord (Festa di compleanno).

Strano.  Pensiamo di aver fatto chissà quante cose, incontrato chissa’ mai quante persone, fatto tanta strada, eppure, eppure è passato solo un anno.  E penso sia simpatica questa cosa di avere il compleanno non in una data precisa, ma incastonato in una festa mobile, così da poterlo sempre festeggiare, e non dimenticarlo mai. Lo scorso anno, nel giorno di Pasqua, la Prato Gospel School (ovvero il PGS, per gli amici) si è tolta la tuta da lavoro, ha indossato una livrea di festa e si è ufficialmente presentata al pubblico  col suo direttore, Leandro Morganti.  Nasceva il PRATO GOSPEL CHOIR.

Nulla di meglio, adesso, che tornare davanti al nostro pubblico. Proprio per festeggiare, per ritrovarsi insieme, per dire: “Eccoci  qui, carichi di gioia, di entusiasmo, di voglia di raccontarvi cosa abbiamo fatto in quest’anno, anche se, comunque, non ci siamo persi di vista.”

E in effetti viviamo questa giornata in maniera del tutto diversa. Non c’è la tensione dello scorso anno, anche se un concerto è sempre una grande emozione e, per quanto possa sembrare lunga l’attesa, poi vola via in un attimo, e ti ritrovi a dire: “Ma come, è già finito?”…..

Dico la verità, giunto a questo punto mi ero fermato. Non so, forse troppa emozione, forse troppo amore, forse troppo di tutto, e serviva un po’ di pace. ….Ma è ieri, se non sbaglio, che il Coach, chattando su facciallibro mi chiede: “Ma allora, il post?” Eh, ha ragione, il Coach. Ovvio, ha sempre ragione. Stamattina sono salito in macchina, ho messo il cd nel lettore, e mi sono risentito tutto il concerto. Ovvio, anche troppo, tutte le emozioni sono tornate a galla, è stato come tornare due settimane indietro, alla sera di pasqua…..

Beh, devo dire che comunque già il fatto di avere una festa di compleanno, come coro, mi pare importante. Perché vuol dire ricordare che abbiamo una storia, una strada percorsa. Vuol dire che, una volta tanto, facciamo festa, e che sia festa per noi, stavolta. Vuol dire che non è banale quello che abbiamo fatto, quello che stiamo facendo, quello che vorremmo continuare a fare. Vuol dire ricordarsi tutta la fatica, il sudore, sia quello metaforico che quello reale, vuol dire l’impegno continuo, il sentirsi insieme a fare qualcosa che merita la nostra fatica.

A me piacerebbe, sinceramente, che un giorno qualcuno potesse assistere ad una nostra lezione (già, c’è anche questo, che mentre tutti i cori hanno le “prove”, noi abbiamo  “lezione”, e devo dire che la differenza c’e’, almeno secondo me). Davvero sarebbe bello accogliere un po’ di pubblico ad una nostra lezione del lunedì. Perché’ in questo modo, oltre alla fatica (ma quella non conta, perché è la porta attraverso la quale dobbiamo passare) vedrebbero che, in fondo, per noi non ci sono grandi differenze tra un concerto e una lezione. L’impegno è sempre lo stesso, l’amore è sempre lo stesso. Come non vogliamo ingannare chi ci ascolta, non vogliamo nemmeno ingannare noi stessi. Abbiamo qualcosa da raccontare, e non ci servono cose strane, dobbiamo solamente prestare tutto noi stessi perché il messaggio passi, perché la storia sia raccontata, l’amore condiviso, la speranza rinnovata.

Nel vangelo, i discepoli del Battista furono mandati a chiedere a Gesù se fosse egli, veramente, il messia. Questi rispose: “Guardatevi un po’ intorno, date un’occhiata. Lo vedi quello? Era storpio, e adesso danza di gioia. E quello che legge il giornale con la cronaca locale? Ancora stamattina era cieco. E dimmi, la senti questa voce che canta, nel vicolo qui accanto? Ecco, questo era muto fino a ieri, ma finalmente ha ritrovato la voce, e loda il Signore per le sue meraviglie.”

E’ chiaro, noi questi miracoli non li sappiamo fare, non ci risulta ci possa riuscire però, se venite ad un nostro concerto, un giorno, guardate i volti delle persone che entrano, e guardateli quando escono. Se la differenza è stampata coi simboli della felicità, dell’allegria, ecco, credo che il nostro messaggio abbia avuto effetto. Scusate, correggo. Noi siamo solo messaggeri, in fondo. Il messaggio, quello vero, è una Persona, ed è per tutti. E’ Gesù il Signore.

http://www.youtube.com/watch?v=4CVe2Wt-wBg&feature=player_embedded

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Ovviamente, alla fine di queste parole, il mio ringraziamento a Leandro Morganti, detto il Coach, nostro direttore, nostro amico. E non è per niente facile dire come e perché funzioni questa cosa che si chiama “Prato Gospel School”, e pensare magari che c”e un qualche meccanismo nascosto, qualche ingranaggio misterioso che fa funzionare il tutto. Io credo ci sia, in effetti, una sola cosa: amore.  Solo così si possono spiegare tante cose, tanto lavoro, tanto impegno, tanta pazienza e dedizione.

Un grazie anche alla sua famiglia, famiglia del tutto speciale, e non poteva essere diversamente. Ricordo ancora che una delle prime volte che andavo alla scuola, nel novembre del 2008, non sapendo come si chiama la mamma di Leandro, la chiamai mamma anche io, e sinceramente non ho mai pensato fosse una cosa strana. In fondo ci sentiamo un po’ tutti di casa.

Ancora un grande ringraziamento a Nehemiah H. Brown, “Maestro del nostro maestro”, senza il quale probabilmente tutto questo non sarebbe nemmeno stato pensato, grazie a lui per l’affetto, l’attenzione, la considerazione che ha per la nostra scuola. Siamo stati commossi di averlo al nostro concerto, il giorno di pasqua, di avere avuto il suo incoraggiamento, che abbia voluto cantare con noi e per noi….e poi l’elenco sarebbe ancora molto lungo… Ma grazie a lui anche per averci portato un regalo specialissimo, Sybil Smoot… cosa possiamo dire?

http://www.fgcschool.net/archives/1315

Grazie a tutti coloro che ci seguono, che ci incoraggiano, che ci vogliono bene.  Il Signore davvero li ricolmi della sua Grazia.

“Lodate il Signore, perché eterna è la sua misericordia”

Come al solito, il “solito caso”.

Eh, la “nostra” scuola gospel (ovvero la PRATO GOSPEL SCHOOL) è un posto davvero strano. Uno ci va per cantare ma… no, no, che avete capito, si canta, si canta tantissimo… è che a volte cantare riserva delle sorprese (stavo per dire inattese. E senno’ che sorprese sono?) che arrivano così, tra capo e collo (e tutti sanno che la zona cervicale è molto delicata), con l’aspetto innocente di una canzone nuova, un blues davvero bello, che ci ha spremuto – e suppongo continuerà per un pezzo a spremerci – energie e fiato.

Per uno come me, che l’inglese è solo un lontano ricordo rimasto indietro di oltre 4 decenni, la musica passa per prima, e solo dopo un po’ anche il testo acquista il suo spessore….si torna a casa, si cerca – se esiste – una traduzione on line – ma si trova solo cose che fanno pena. Tanto vale perdere un po’ di tempo in una traduzione casereccia, e pazienza se alla fine rispetterà maggiormente il senso piuttosto che la lettera del testo….

Pass me not, O gentle Savior,

Pass me not, O gentle Savior,
Hear my humble cry;
While on others Thou art calling,
Do not pass me by.

Savior, Savior,
Hear my humble cry,
While on others Thou are calling,
Do not pass me by.

“Non andare oltre, mite salvatore,

ascolta il mio umile pianto (ma anche grido, preghiera)

mentre anche altri ti stanno invocando

non te ne andare da me.

Salvatore, mio salvatore,

ascolta anche la mia umile preghiera.

Anche se altri ti stanno chiamando

non te ne andare, adesso, da me.”

Davide gridava:

“Pietà di me, o Dio, nel tuo amore,

nel tuo affetto cancella il mio peccato”,

e la donna che soffriva di continue emorragie, nella folla che seguiva Gesù, nella calca, nelle grida, volle toccare il suo vestito, e fu guarita. E anche uno di coloro che condivisero  con Gesù il punto più alto su una spoglia collina, e chiese “Ricordati di me” fu ascoltato, ed ebbe la sua risposta.

Oggi, mercoledì delle ceneri, anche il mio grido si alza, perché ho bisogno di salvezza, di misericordia, e finalmente di pace. Pass me not, gentle savior!


Torre, occorre assistenza!


Di solito le nuvole stanno sopra di te, quando ci sono. A volte sono nubi tempestose, temporalesche, cariche di elettricità, turbinanti, ma il più delle volte sono placidi batuffoli di ovatta, spesso bianchissimi, a volte rosa, così dolci che inteneriscono il cuore, o scure, magari bordate di raggi del sole…. eh, si perchè il sole di solito sta sopra le nuvole, e a volte si vede, a volte no….ma nulla di grave! I tuoi piedi sono sulla terraferma, e basta che ti ricordi che il sole esiste, anche se non riesci a vederlo, e ti tranquillizzi.
Ma non sempre le cose stanno così, e tu ti trovi, inopinatamente, sopra le nuvole, e la terra, dove peraltro vorresti andare, senza sfracellarti, sta sotto alle nuvole….
Succede, succede….
“Torre, occorre assistenza”
Succede che tu non sia abilitato al volo strumentale e, per una volta, hai bisogno di vedere.
Succede che senti la paura, lo scoraggiamento, tutta l’inutilità dei tuoi sforzi, e vedi che la benzina diminuisce sempre più nel tuo serbatoio, e tu devi trovare l’aeroporto, lo devi trovare…..
Succede, succede….
che quando già sei rassegnato, e pensi di dover andare in qualche modo incontro al tempo che passa, agli eventi che ti incalzano, agli ostacoli che non sai saltare, quando ti accorgi che vai tristemente incontro alle cose che fino ad ora ti hanno dato gioia, e ti senti del tutto incapace, inadeguato, e già immagini, come a scuola, che quando verrà fatto il tuo nome non avrai da dire altro che “impreparato!”, succede, succede… che una folata di vento improvvisa, imprevista, spazza il cielo e ti appare la tua meta, il tuo aeroporto.
Succede che ti accorgi, improvvisamente, che la tristezza dentro di te ti ha lasciato, almeno per ora, e le sorgenti sono tornate a dissetarti e ad allietarti con la loro canzone, e gli amici si fanno più vicini, e ne senti il calore, succede che la tua paura è svanita, e ritrovi la fiducia nel tuo aereo, nel tuo serbatoio, e nel vento, che sembra ancora stare dalla tua parte.
“Torre, tutto a posto, chiedo il permesso di atterrare”

La strada, sempre lei.


Ho iniziato questo blog nel maggio dello scorso anno.
Avevo alcune idee, alcuni pensieri che mi giravano per la testa, e avevo voglia di condividerli, o forse no, forse soltanto di fermarli per potermeli gustare meglio, rileggerli, riassaporarli.
E così ho cominciato a scrivere delle mie emozioni, delle cose che ho visto e che vedo, di ciò che sento…. le piccole cose, la nebbia, una notte di luna….e quando sono felice e quando sono triste, e un po’ (almeno un po’) delle mie difficoltà nel vivere quotidiano, la distanza da quello che vorrei essere a quello che in effetti sono – anzi – a ciò che immagino che io sia.
Ma poi, mese di novembre, un evento particolare, nuovo, strano, imprevisto. Un’amica mi rinnova un invito, per l’ennesima volta, e per la prima volta prendo il coraggio a due mani e accetto. E’ stato l’inizio di un’avventura davvero bella, unica, speciale; la Prato Gospel School mi ha aperto le sue porte, e io ho aperto le mie a lei.
E’ vero che le cose non si manifestano mai da subito per quello che sono, e ho avuto un avvio difficile, penso per il mio carattere, o chissà, ma è passata subito subito, ed è diventato un bellissimo percorso… e non lo so nemmeno definire come vorrei. Forse percorso del cuore, forse rinascita, non lo so. Due anni prima avevo concluso un’esperienza durata 17 anni (no, niente a che vedere col mio matrimonio, che dura ormai da 32 anni) e dopo una cosa così ci si trova un po’ spersi, spaesati, e si cerca di buttarsi nella prima cosa che sembra giusta, che tanto il tempo per ripensarci non manca….ma poi non si riesce a realizzare niente di quello che si vorrebbe, e ci si trova a tirare avanti in qualche modo, comunque. Insomma, nulla di male, ma nemmeno di bene…
Per me cantare è sempre stato vitale, essenziale, penso per merito della mia famiglia, dove si cantava spesso cori di montagna o degli alpini, e lo so che sembra strano, ma è un po’ una tradizione contadina (sono nato in un piccolo paese… ma che ve lo racconto a fare, lo sapete già, e sennò leggetevi un po’ il blog)… e poi ho scoperto pian piano che nel canto si nasconde un mezzo espressivo bellissimo…. In quei 17 anni di cui dicevo prima ho cantato e suonato la chitarra, scoprendo una nuova dimensione nel cantare per il Signore, e quanto ciò potesse essere bello, gioioso, vivificante.
……dalla scuola gospel mi aspettavo davvero poco più che imparare un po’ meglio a cantare, migliorare un pochino, magari, così, giusto per una piccola soddisfazione personale, e chiusa lì….
Avevo sbagliato tutto.
Sono stato trascinato via su questa nuova strada, con questo nuovo linguaggio, con un tempo diverso nella mia vita, in modo inspiegabile, intenso, profondo, tanto che ancora mi meraviglio se mi commuovo cantando, e non importa piangere per sentire profondamente piantate dentro sè stessi le parole di un brano, o peggio, parole e musica, e sentire la tua voce che canta, e avvertire attorno a te altre voci che cantano, sentire che si fondono insieme, vedere la gioia insieme all’impegno, vedere il sorriso, l’allegria… e altre cose non le voglio investigare, e voglio parlare solo per me…
Siamo diventati un gruppo davvero speciale, e il nostro Coach ci sostiene davvero in modo speciale… Uso troppo la parola “speciale”? Ma no! Non è troppo. solo quanto serve. Se ci vedeste alle nostre lezioni capireste….
Stasera due pezzi nuovi , e il primo davvero bellissimo. Già, come al solito andiamo avanti con bello, più bello, più bello ancora….. e dove finiremo?
Stasera, le prime parole sono queste:

My hands were made
To worship you
My heart, my King
It beats for you”

Le mie mani sono state fatte per adorare Te,
il mio cuore, o mio Re, batte per te.

Stasera, cantando, ho guardato le mie mani, mentre le alzavo verso di Lui. Sono già abbastanza sciupate, grinzose….insomma, vecchie. Ma con nuova forza, con nuova gioia, continuo ad alzarle verso il Signore, e vedo le mani di coloro che cantano accanto a me alzarsi, insieme alle mie…. Cosa posso desiderare adesso?
GRazie, grazie a tutti, davvero di cuore, grazie per la dolcezza che trovo in ciascuno, per la semplicità, per l’amicizia. GRazie, perchè sento che questa è davvero una strada che facciamo insieme, certo ognuno col proprio passo, ma serenamente, gioiosamente.
GRazie alla mia sirena personale – ah, benedeta ragassa! – che mi ha spinto fino a farmi cadere dal trespolo sul quale mi stavo pian piano appollaiando.
GRazie al Coach, che è Leandro, e non so davvero quali parole usare per lui, perchè mi sento in imbarazzo, e non voglio fare lo sviolinatore. E poi molte cose ce le siamo già spiegate a voce…

Ma davvero, stanotte queste parole la fanno da padrone:

My hands were made
To worship you
My heart, my King
It beats for you….

“Ecco, benedite il Signore,
voi tutti, servi del Signore;
voi che state nella casa del Signore
durante le notti.
Alzate le mani verso il tempio
e benedite il Signore.
Da Sion ti benedica il Signore,
che ha fatto cielo e terra.”
Salmo 133

Due parole


Sento spesso che mi manca qualcosa (insomma, qualcosa un bel tocco di qualcosa), e questo al di la dell’essere felice o no. Manca quel senso di completezza, di realizzazione, quel dimenticare i rimorsi e i rimpianti che si accumulano nella vita.
Il fatto è che lo so benissimo: io son questo, e non altro. Uno zibandone di pregi e di difetti, di paura e di coraggio, di vittoria e di sconfitta, di gioia e tristezza. Se ci mettiamo anche il rapporto con Dio la cosa si fa ancora più complicata, perchè ti senti sempre in debito, mai in pari, e il peccato a volte pesa addosso in maniera intollerabile. Allora le giornate si tingono di scuro; non di nero, che ha un suo fascino, ma di scuro, di chiuso, di triste, di inutile.
Allora poche cose hanno un senso, niente ha il sapore che conoscevi e se cammini, in qualunque direzione tu lo faccia, il vento ce l’hai sempre contro.

Eppure un modo ci dev’essere per uscirne, eppure anche per me deve esistere il sereno sopra le nuvole, il sole dietro le colline, il mare libero dopo la scogliera, il prato dopo la macchia fitta di rovi.

Eppure… lo so, perchè è già successo, che tutto può cambiare in un istante. Io che ero il rifiuto, lo scarto, mi sono sentito al centro della Sua attenzione. Al centro. E ogni cosa mi parlava di Lui, e mi incoraggiava, e mi sosteneva. Mi ricordava, ogni attimo, che io sono importante, che valgo la Sua vita. In una notte mi ha sconvolto completamente, dicevo allora “rovesciato come un calzino”.Nuovo di pacca. E’ in quei momenti che comprendi il senso di parole come “misericordia”, “pace”… e quante cose….
Ma poi la buona pianta si lascia lì ad ingiallire, l’attenzione diminuisce, lo sguardo si abbasssa, torna a guardare basso basso….
E sei punto e a capo. Tutto da rifare. Immondizia da portare via, vetri da pulire, mobili da spolverare…. tu, Tempio di Dio, orgoglioso di esserlo, sei di nuovo ridotto come una discarica. E tanto più pesa, in quanto conosci la differenza, e la senti come una distanza che va aumentando sempre più.
Allora, improvvise, casuali, arrivano due parole. Due parole che sai di poter dire, di poter osare. Te le hanno portate in dono giusto due sere fa, e un attimo prima erano il testo di una canzone, adesso sono la tua preghiera, il tuo struggimento, la tua speranza. Due parole, una preghiera:
“Touch me”: Toccami

touch me

touch me
touch me
touch me
Lord touch me

I know I’m not much
I feel so unworthy

I’ll never be much
Until the hand of god touches me

I’ve been praying
I’ve been praying that the Lord would touch me.

Molti hanno rivolto questa preghiera al Signore, e sono stati ascoltati.
“Chiedete e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto…. se non altro per la vostra insistenza”

Giorni di festa



Siamo strani, mi pare, o forse siamo soltanto umani. Abbiamo bisogno, ogni tanto (beh, per l’esattezza: ogni anno) di celebrare date particolari, eventi della vita della nostra Nazione, o della nostra fede, che hanno una particolare importanza. Se da una parte tutto ciò è bello, dall’altra mi vien da pensare che se non ci fosse la festa si perderebbe anche la ragione della festa.
Faccio un esempio: abbiamo la festa della liberazione, grande festa! Ma negli altri giorni, cosa succede? Ci dimentichiamo della libertà? Del prezzo che è stato pagato per conquistarla? Di coloro che hanno dato la vita? Ci ricordiamo della libertà? Ci sentiamo liberi? A cosa serve una festa se non ci rendiamo conto che l’evento legato a quella festa ha cambiato profondamente la nostra vita?

Parlando delle feste religiose: abbiamo chiaro dentro di noi che dopo quel primo natale di cui facciamo memoria ogni 25 dicembre il mondo è cambiato? Che il Verbo di Dio si è fatto carne e da allora Egli è l’Emmanuele, il Dio – con – noi? Com’e’ possibile talvolta sentirsi soli, abbandonati (e succede, succede anche a me!)? E questo vale per ogni festa in cui facciamo memoria di un evento. Il fatto è avvenuto, ora a noi resta da renderlo reale ogni giorno.
La settimana scorsa, alla Scuola Gospel, abbiamo cominciato ad orecchiare (io ho cominciato, gli altri la conoscevano già) un brano bellissimo, semplice, gioioso -eh, se non era gioioso non se ne parlava nemmeno- “Every day is the day of Thanksgivin’ ” ,che dice, piu’ o meno:

Ogni giorno è un giorno del Ringraziamento.
Dio è stato tanto buono con me,
ogni giorno Egli mi dona la sua benedizione.
Prenditi il tempo, adesso, e da’ gloria al Signore.”

Ma tu guarda il caso, adesso, oggi, proprio oggi, è il “Thanksgivin’Day”. La festa ricorda il primo raccolto dei Pellegrini in terra d’America, che fu vissuto come “provvidenza di Dio”.
Ma, dico io, per coloro che credono in Dio, per coloro che pregano spesso, forse ogni giorno con le parole del Padre nostro “dacci oggi il nostro pane quotidiano”, e che continuano a mangiare, giorno dopo giorno, ritenendosi debitori solo verso se’ stessi della ricchezza che si sono procacciati, ma un piccolo dubbio non viene?
E quante sono davvero le cose per le quali dovremmo prendere il tempo e ringraziare il Signore?
Per quanto mi riguarda vorrei oggi ringraziarlo per il dono degli amici, dono prezioso, bellissimo, che sento particolarmente in questi giorni un po’ speciali.

Eli, Coach, non vi fischiano un po’ gli orecchi?

***ho proprio voglia di far festa! ***

1) Amazing Grace

Tag: SINGIN’ THE GOSPEL

Vorrei iniziare con questo post una serie di commenti ai brani che impareremo alla scuola gospel che frequentiamo io e l’Eliduin. Questi commenti non hanno nessuna pretesa, se non quella di far da cassa di risonanza ai suggerimenti che salgono dal cuore cantando, cercando una strada per raccontare il gospel, il vangelo, a tutto il mondo. Saranno sempre graditi i vostri commenti, se ne avete. Chissà cosa ne verrà fuori?

Amazing grace

Mi ha colpito, e da un po’ ci penso, una particolarità di questo antico inno. Sembra quasi scritto, almeno il primo verso, per dare indicazioni all’ascoltatore, sembra quasi voglia dire: “Attento! Tu che sei stato salvato, tu che sei stato redento dal Signore, tu che hai visto la tua sorte mutata, la tua condanna cancellata. Attento!”
…..Attento, perchè il detto “fatta la grazia, gabbato lo santo” sta sempre dietro l’uscio. Per aiutarci a mantenere viva l’attenzione, il buon John Newton inserisce due frasi:
la prima: “I once was lost, but now I am found.”
“Un tempo ero perduto, ma ora sono ritrovato”
la seconda: “Was blind but now I see.”
“ero cieco ma adesso io vedo”

La prima frase mi riporta alla mente la parabola del ” Padre Misericordioso”, detta anche “del figliol prodigo”. (Luca 15) “Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.

In questa frase il ricordo della misericordia del Padre, della pazienza del Padre, dell’amore del Padre, di quell’amore che ci rinnova, che ci dona vita, che ci chiama figli anche quando abbiamo ripudiato ogni figliolanza, quell’amore che si prende cura, che non abbandona, che attende, che spera. Quella misericordia che certamente John Newton ha sentito su di se quando per lui è crollato il mondo fatto di denaro, di certezze, di sopraffazione, quando il suo cuore si è aperto, o forse è stato aperto, ed è stato inondato dall’amore. “Amazing grace, how sweet the sound that save a wretch like me!” Anche lui è stato ritrovato, lui che era perduto, è tornato a casa.

La seconda frase mi porta al racconto evangelico del cieco nato (Luca 9), che ha questo epilogo:

“23 Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età, chiedetelo a lui!».
24 Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». 25 Quegli rispose: «Se sia un peccatore, non lo so; una cosa so: prima ero cieco e ora ci vedo». 26 Allora gli dissero di nuovo: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». 27 Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non mi avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». 28 Allora lo insultarono e gli dissero: «Tu sei suo discepolo, noi siamo discepoli di Mosè! 29 Noi sappiamo infatti che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». 30 Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo è strano, che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. 31 Ora, noi sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma se uno è timorato di Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. 32 Da che mondo è mondo, non s’è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. 33 Se costui non fosse da Dio, non avrebbe potuto far nulla».

Ci parla della necessità di testimoniare. Ero cieco, adesso ci vedo.
Chiedete, e vi dirò quello che è successo, e seppure non chiederete voi tutti mi conoscete, mi avete visto mendicare, seduto agli angoli delle strade. Ero cieco, ma Gesù mi ha guarito. Cos’altro posso dire?
Preghiamo che il Signore ci doni la forza di accettare la sua misericordia nella nostra vita, e anche il coraggio e la fermezza per testimoniarla ogni volta che ce ne sarà chiesta ragione!