Somebody is knocking at your door

Viviamo in un’era tecnologica ( o almeno a noi pare così, chissà cosa diremo del domani!), un tempo nel quale si usano sms, e_mails, blogs, forums, s, s, s, – insomma, qualunque cosa sia, purchè sia tecnologica, internettosa e in quantità industriale. Riusciamo così a convincerci che se anche i contenuti sono scarsi la quantità e la tecnologia possono sopperire alla mancanza di cervello.

Già, bisogna notare, non ci si telefona, ci sono gli sms, e se anche il telefono del nostro interlocutore è spento vedrà il messaggino quando lo riaccende. Telefoniamo solo in caso di assoluta necessità e urgenza.
Così tutti noi, nelle nostre case, nei nostri palazzoni, abbiamo file di campanelli coi nomi scritti belli chiari. Anche questi già passati di moda. Adesso sei sicuro che se qualcuno suona il tuo campanello è solo uno scherzo di qualche ragazzino. Chi vuoi che si azzardi a disturbare la tua quiete con un incontro faccia a faccia?
Stiamo alzando attorno a noi un muro di elettronica separazione. Una cortina di vigile indifferenza. Mettiamo, nelle nostre chat, un disco rosso con una striscia bianca orizzontale per dire: “ci sono, ma non voglio parlare”. Usiamo, sui nostri cellulari, nascondere il nostro numero, arrogandoci il diritto di parlare con chi vogliamo, e di non farci disturbare da nessuno, se non pochi eletti nella nostra rubrica.

Alcuni giorni orsono, ero al computer, sento una botta al vetro della porta finestra. Sarà stato uno dei gatti, penso. Poco dopo, un’altra botta. Non ho nemmeno girato gli occhi.
Il sole, piegandosi nel suo percorso quotidiano, mi ha colpito improvviso, disturbandomi. Ho girato gli occhi verso il vetro, colpevole di aver dato al sole la password per entrarmi in casa.

Sul vetro, evidenziata dal sole, stampata a chiare lettere, la delusione di un povero piccione che cercava di venire a farmi visita, ma si è schiantato contro la mia porta chiusa.
Un giorno, spero, capiremo.
Un giorno. Spero che non sia troppo tardi.

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Giorni di festa



Siamo strani, mi pare, o forse siamo soltanto umani. Abbiamo bisogno, ogni tanto (beh, per l’esattezza: ogni anno) di celebrare date particolari, eventi della vita della nostra Nazione, o della nostra fede, che hanno una particolare importanza. Se da una parte tutto ciò è bello, dall’altra mi vien da pensare che se non ci fosse la festa si perderebbe anche la ragione della festa.
Faccio un esempio: abbiamo la festa della liberazione, grande festa! Ma negli altri giorni, cosa succede? Ci dimentichiamo della libertà? Del prezzo che è stato pagato per conquistarla? Di coloro che hanno dato la vita? Ci ricordiamo della libertà? Ci sentiamo liberi? A cosa serve una festa se non ci rendiamo conto che l’evento legato a quella festa ha cambiato profondamente la nostra vita?

Parlando delle feste religiose: abbiamo chiaro dentro di noi che dopo quel primo natale di cui facciamo memoria ogni 25 dicembre il mondo è cambiato? Che il Verbo di Dio si è fatto carne e da allora Egli è l’Emmanuele, il Dio – con – noi? Com’e’ possibile talvolta sentirsi soli, abbandonati (e succede, succede anche a me!)? E questo vale per ogni festa in cui facciamo memoria di un evento. Il fatto è avvenuto, ora a noi resta da renderlo reale ogni giorno.
La settimana scorsa, alla Scuola Gospel, abbiamo cominciato ad orecchiare (io ho cominciato, gli altri la conoscevano già) un brano bellissimo, semplice, gioioso -eh, se non era gioioso non se ne parlava nemmeno- “Every day is the day of Thanksgivin’ ” ,che dice, piu’ o meno:

Ogni giorno è un giorno del Ringraziamento.
Dio è stato tanto buono con me,
ogni giorno Egli mi dona la sua benedizione.
Prenditi il tempo, adesso, e da’ gloria al Signore.”

Ma tu guarda il caso, adesso, oggi, proprio oggi, è il “Thanksgivin’Day”. La festa ricorda il primo raccolto dei Pellegrini in terra d’America, che fu vissuto come “provvidenza di Dio”.
Ma, dico io, per coloro che credono in Dio, per coloro che pregano spesso, forse ogni giorno con le parole del Padre nostro “dacci oggi il nostro pane quotidiano”, e che continuano a mangiare, giorno dopo giorno, ritenendosi debitori solo verso se’ stessi della ricchezza che si sono procacciati, ma un piccolo dubbio non viene?
E quante sono davvero le cose per le quali dovremmo prendere il tempo e ringraziare il Signore?
Per quanto mi riguarda vorrei oggi ringraziarlo per il dono degli amici, dono prezioso, bellissimo, che sento particolarmente in questi giorni un po’ speciali.

Eli, Coach, non vi fischiano un po’ gli orecchi?

***ho proprio voglia di far festa! ***

Onda

Spinta dal vento si formò
Come una leggera increspatura,
come una ruga sulla fronte
s’incavò, e offrì il dorso
al vento più fresco, che la spinse
a correre sotto voli di albatros,
a cullare nel mare lontano
il sonno dei gabbiani.
Sotto leggere nubi
Diventò più forte,
e corse veloce.
Le dissi: “Fermati! C’è una scogliera
Che spezzerà la tua schiena,
lasciati andare!
Non romperti in schiuma
Stracciata dal vento! Morirai!”

Ruggendo vicino alle possenti rocce
Mi rispose: “Amico
Se mi fermassi, ora, morirei,
perché ogni onda ha la sua fine segnata:
forse da una scogliera,
o dal declivio dolce di una spiaggia,
forse strappando un granchio spaventato
alla sua casa di roccia,
forse solleticando i piedi di un bimbo,
facendogli scorrere la sabbia tra le dita….

Comunque dal mare sono nata
E al mare tornerò, nella risacca.

Titoli di Coda

Bello, bellissimo film.

E’ apparsa la scritta FINE e tu ti sei asciugato gli occhi, di nascosto, che nessuno si accorga, prima che si accendano le luci, che ti sei commosso, che sei stato toccato, che sei allegro, o triste, o arrabbiato. Ti sforzi di mettere quella maschera di insensibilità, di freddezza, di lucidita’, adatta a uno come te, uno navigato, esperto. Nella tua mente pensi all’ultima scena, e poi a quell’altra, e quell’altra, mentre scorrono i titoli di coda e tu non li leggi, troppo preso tra la parte del duro e il ricordare, rabbrividire, ridere, cantare dentro di te…. I titoli di coda non li leggi. Pensi che servano solo a far passare il “brano dei titoli di coda” senno’ come si fa?

Eppure, in un lampo di coscienza, capisci che in quei titoli di coda ci sono gli artefici delle emozioni che ti hanno attraversato la mente, il cuore e l’anima.

Senza i titoli di coda il film non ci sarebbe.

La vita e’ uguale, pensiamo di essere il “Gion Vaine” della situazione e che tutto provenga da noi, noi siamo centro e periferia, campagna e citta’ di ogni pensiero, di ogni azione. Pensiamo davvero che …

la nostra vita siamo noi“…. ma non e’ affatto così. La nostra vita e’ fatta di persone che ci salutano, che ci vendono merce, che ci domandano notizie, che si interessano di noi (ma che, non trovano abbastanza interessante la propria vita e si devono interessare alla nostra?), che ci fanno pensare, sorridere, che non ci fanno sentire soli, che ci fanno sentire utili… persone che a volte cantano per noi, altre volte ci lasciano cantare, facendoci pensare che anche noi, in fondo, non siamo da buttare.

In effetti “fuori da noi” c’e’ tutto un mondo, e non siamo mai soli. Come al cinema, mentre stiamo uscendo dalla sala, chiusi in noi stessi, qualcuno canta l’ultima canzone, e scorrono i titoli di coda…. Ci accompagnano fino a fuori, nella nebbia che ci avvolgera’, nel cappuccino e nel barista che ce lo preparera’, nel calore che sentiremo, nel saluto e nel sorriso, nelle persone che sulla porta ci lasciano passare, in chi ci ha aspettato, e intanto che dovevamo ancora arrivare non erano meno vivi di noi.

I titoli di coda, questo e’ il film.

Questo per dire il mio grazie a tutti. alle persone, ai colori, ai sapori, al vento e al sole, alla nebbia alla pioggia e al sereno. Alle stelle e alla luna, e a quanto c’e’ di bello. Alle persone che non hanno paura di farci sapere che ci vogliono bene.