In visita, presso Expo 2015, al padiglione Giapponese.
La fila è stata lunghissima, due ore passate, noia, sguardi qua e la’, chiacchiere inutili spesso, giusto per passare il tempo. Uno steward dello padiglione ci informa, e siamo verso la fine della fila, che dentro non ci sono bagni, e la visita – che non puo’ essere interrotta – dura circa 50 minuti… metodo svuotafile da Expo…
…Comunque, alla fine entriamo. Subito il nostro gruppo (forse 50-60 persone) viene accolto da una hostess che comincia ad informarci di quello che troveremo nel padiglione, di cosa guardare, degli strumenti che potremo usare….ma qualcuno si secca di queste spiegazioni, dicendo “ebbasta, no? Vedremo noi cosa c’è dentro”…. Intanto la voce continua a spiegare, per chi vuole spiegazioni e anche per chi pensa di non averne bisogno…..
Una delle raccomandazioni era di fare silenzio, di ascoltare. Di lasciarsi avvolgere da una esperienza emozionale fatta di diversi ingredienti. Di luci, di colori, di immagini, di suoni, di musica….. Ascoltare e guardare, lasciare che cio’ che veniva comunicato, che non era piu’ fatto di parole, ma di immagini e suoni, di sensazioni, comprensibili da chiunque avesse voglia di capire….potesse entrare dentro di noi, come un libro ben scritto, come un film ben girato, come una musica nuova e coinvolgente…. Certo… tutto questo stando zitti, ascoltando e guardando….
Anche se qualcuno stava gia’ dicendo che non avevano senso queste cose, queste giapponeserie, e che non c’era niente da capire….
Quante volte succede che chiediamo qualcosa, e poi non ascoltiamo la risposta? Che andiamo a visitare un museo senza voler sapere cosa possiamo trovarci dentro? Quante volte siamo presa da quello che vogliamo dire e dimentichiamo che forse è il momento di ascoltare? Quante volte, dopo aver incontrato una persona per la prima volta e averla subissata delle nostre parole, battute, pensieri, idee, lasciandogli dire poco o niente, diciamo che si tratta di una persona per niente interessante?
A volte anche la nostra anima, il nostro cuore, i nostri pensieri, parlano, gridano, urlano o sussurrano. Di solito copriamo queste voci con la nostra, col nostro pensiero cosciente, per non sentire, per non capire, per non sapere. Abbiamo paura, forse di essere messi all’angolo, di scoprire, o di vedere, finalmente, verità che teniamo nascoste anche a noi stessi, o anche meraviglie che pensiamo possano tradirci, e farci male, in ogni caso.
Speriamo di imparare a creare spazi di ascolto, “padiglioni” come quelli dell’Expo, dove accogliere una verità su di noi che abbiamo sempre ignorato, chiuso fuori, rifiutato.
Un luogo dove conoscere, in pace, sé stessi.