Post-fazione (You are faithful)

Ci eravamo lasciati a metà di luglio, con un po’ di magone e qualche lacrima, anche, e un futuro incerto. Il coach (che si chiama ancora Leandro) partiva per gli States…. Beh, via più precisamente per L.A…. no, via, mica lo devo spiegare….? Los Angeles, la West Coast… e un po’ di viaggio qua e là con una Mustang decappottabile che…insomma, via, un po’ esagerata, se deve servire per vedere orsi, alci, coyotes… un po’ meglio, in ogni caso, per girare per le strade di L.V. (che sarebbe Las Vegas)… insomma, alla fine è arrivato a L.A. (ovviamente dopo aver evitato il Crollo Della Catapecchia e gli spruzzi di sangue e veleno della B.W. (Black Widow, Vedova Nera), schiacciata senza pietà….

Poi FB (FaceBook) ha cominciato a sfornare messaggi…e poi i messaggi sono finiti e il coach –agguerritissimo, in verità –  è tornato tra noi.

In effetti tra noi alunni-coristi del P.G.S. (dai non fate la solita domanda, P.G.S.,  Prato Gospel School…. e, per favore, non chiedete perché davanti a P.G.S. ci sia un articolo maschile. A noi suona bene così) correvano mille illazioni su come sarebbe stata la prima lesson (ricordo, sempre per i distratti, che noi abbiamo “lezioni”, non prove, come tutti i cori, perché noi siamo un coro solo per i concerti, sennò siamo una scuola…) il coach si sarà rammollito, il coach sarà acido come una vecchia zitella, o ancora come un sergente istruttore dei marines, che non si sa mai, con tutta quest’aria americana…

            …..ma insomma, il primo lunedì di settembre, un po’ alla chetichella ha riavuto avvio un nuovo anno di fatica…  Bisogna dire  che, nonostante tanti discorsi, tante paure, eravamo praticamente tutti, anzi, di più … nuovi ingressi che sicuramente aggiungeranno voce e passione al nostro coro.

21,20, si ricomincia a fare i soliti esercizi, un po’ come tornare a casa, risentire l gusto delle cose familiari, il piano del coach che ci spinge, noi col solito impegno, e poi…

..ormai sembra quasi la norma. Si ricomincia l’anno con una nuova canzone, canzone che magari ci farà sputare i polmoni, tanto per fare qualcosa.

Stavolta non sembrava una roba di vita o di morte, da polmone d’acciaio come quella dello scorso anno. Questa è una cosa dolce, pare, un sussurro, una brezza leggiera, un po’ alta, forse, si, ma molto delicata. E poi ha questo modo così familiare di approcciare…”You are holy, oh, so holy”…… “quale privilegio, e quale onore adorarti davanti al tuo trono, esser chiamati alla tua presenza come tuoi familiari..”

immagine di proprietà di Francesco Perfili, usata con permesso.

…e anche l’altra strofa, che dichiara la fedeltà di Dio nei nostri confronti, e cantare queste parole proprio nel momento in cui la nostra storia riprende e continua…beh, mi fa sentire parte di un progetto, figlio di un desiderio, amato, cercato, incontrato, messo accanto ad altri come me, altrettanto amati, cercati, incontrati…

….Questo articolo non lo volevo scrivere, prima, non lo volevo pubblicare poi, perché anche la mia vita – come quella di molti – è attraversata da difficoltà, dubbi, paure, ripensamenti, scoraggiamenti e chi più ne ha più ne metta. Volevo mollare tutto lì, lasciar cadere il sogno, chiudere la porta e ciao. Ma una canzone, forse anche lei, si, mi è venuta in soccorso, mi ha ripreso per mano.. o forse non è stato questo, e chissà cosa mai…ma la canzone diceva:

“Lode è ciò che faccio quando voglio sentirmi vicino a te,

alzo le mie mani nella lode,

…lode è ciò che sono, voglio lodarti fin quando vivrò…

attraversando il bene e il male, nella felicità e nella tristezza…”

Mi viene adesso in mente una pagina che …boh, nulla, mi piace ricordarla qui… è conosciuta col nome di

 “Messaggio di Tenerezza”

“Ho sognato di camminare in riva al mare con il Signore
e di rivedere sullo schermo del cielo tutti i giorni della mia vita passata.
Per ogni giorno trascorso apparivano sulla sabbia due orme
le mie e quelle del Signore.
Ma in alcuni tratti ho visto una sola orma
proprio nei giorni più difficili della mia vita

“Signore, io ho scelto di vivere con te
e tu mi avevi promesso che saresti stato sempre con me.
Perchè mi hai lasciato solo proprio nei momenti più difficili?”

E Lui mi ha risposto:

“Figlio, tu lo sai che io ti amo e non ti ho abbandonato mai.
I giorni nei quali vi è soltanto un’orma sulla sabbia,
sono proprio quelli in cui ti ho portato in braccio”

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This is (are)Fall (s)

Sta arrivando il freddo, a Flat Mountain. Oh, nulla di che, eh, siamo in mezzo all’autunno, e arriva il freddo, senza fretta, tanto si sa che alla fine vince lui e ci troveremo col classico mezzo metro di neve, a Flat Mountain, che sarà anche Flat, ma è anche Mountain….

Bellissimo fine settimana comunque, i colori si accendono di nuova vividezza, di nuovo calore, verrebbe da dire, il cielo azzurro e il nuovo colore delle foglie che sembra fatto apposta… ma sarà davvero fatto apposta? 🙂

Comunque… se uno come me è venuto quassù spesso, diciamo almeno ogni fine settimana, ha visto il cambiamento, dal verde assoluto dell’estate, quando tutto è verde, appunto, ad ora….

Siamo arrivati venerdì sera, e tirava un forte vento.  Le foglie si erano accumulate al cancello d’ingresso al giardino e ne abbiamo sentito la frusciante protesta, mentre si schiacciavano per lasciarci passare….crunch, crunch, sotto ai piedi, crunch crunch….

Comunque, camino acceso, porte sprangate, una bella cena calda, un po’ di televisione e poi via a letto. Con un sacco di gratitudine al peso delle coperte che mai è parso così piacevole.

Sabato mattina un gelido risveglio, dato che non c’è riscaldamento in casa. Andando a comprare i giornali – tanto per farsi dare qualche brutta notizia così subito subito – il termometro in macchina segnava +3,5….eh, ma allora ditelo! Chi se l’è mangiato tutto quel bel tepore delle mattine di settembre? Eppure sembrava davvero non dover finire, sembrava…. come le foglie, che stavano tutte sui rami, forti e sicure… eccole qui, impigliate nella rete del cancello, pesci gialli, rossi, pesci morti.

I colori sono belli, ma è triste pensare a questa morte di massa, a quando anche i colori spariranno e rimarranno dapprima solo gli scheletri delle foglie, e poi piu’ niente…Il ciclo delle stagioni, che pare infinito, e che lascia ciascuno di noi a sperare che passi l’inverno, e torni la gioiosa primavera, per ciascuno di noi, prima o poi, si arresterà. Così come accade delle cose che viviamo giorno per giorno, delle speranze, delle nuove avventure che la vita ci propone, e che ci paiono infinite, ma che, in un modo o nell’altro, dovranno pur finire. Chi andava a scalare le montagne – se non ne morirà –  un giorno smetterà di salire e scendere, e dovrà guardare con occhi ancora pieni d’amore ciò che il passare delle stagioni ha reso per lui irraggiungibile. La montagna, immobile, lo guarderà dall’alto, e forse ricorderà il giorno che si conobbero (se vuoi, vedi qui ) e si dirà, forse, che era ora che qualcuno desse una ridimensionata a quello sciocco che voleva conoscerla.

Così le foglie staranno a terra e forse potranno ancora vedere il ramo che le ha portate per qualche mese, e sembrava sarebbe stato per sempre.  (è anche vero che la parola “sempre” sta perdendo il suo significato di durata assoluta e sta cominciando a significare “finchè dura”) capiranno che ci sarà una nuova primavera e nuove foglie e così via avanti, ed è questo, forse, il significato di “sempre”: sempre instabile, sempre “finito”.

Il vento è stato davvero forte, stanotte, e oltre che ammassare foglie ha spezzato rami e abbattuto cartelli, e chissà quali altri danni avrà fatto. Anche io, che lo ascoltavo soffiare protetto dalle mura di casa, nella notte passata, ho capito di aver perso qualcosa. Qualcosa che mi era parso incorruttibile, indistruttibile. L’ho perso non per averlo materialmente smarrito, o chissà. In questo periodo di navigatori, tom tom, google maps, satelliti e varie forse dovremmo fare davvero come fece la mitica Arianna, che per sicurezza legò con un filo colui che non voleva perdere nemmeno nel peggior labirinto, nemmeno ucciso dai piu’ terribili incubi.

Passeggiando, oggi, nel prato vicino casa, ho raccolto un piccolo riccio di castagna.


Nulla di che, intendiamoci, anzi, anche bruttino assai, ma… lo stesso va trattato con delicatezza, perche’ forse è vero che te lo puoi schiacciare sotto una scarpa, ma se vuoi tenerlo in mano, se è questo che vuoi, devi fare piano,  perché può bucarti anche lui come tutti gli altri. ma…. se ci provi, magari potrei scoprire che le spine ti possono solleticare il palmo della mano, se usi la giusta delicatezza.

Per il resto, anche lui fa parte dell’autunno, e nonostante che cerchi in tutti i modi di proteggere il frutto che contiene, un giorno dovrà cedere. Alla fine, è solo un riccio, come tutti, no?

Mi viene in mente adesso una bellissima canzone, me la dedico’ in una sera d’estate di due anni fa il mio Bro…

The road is long
With many a winding turn
That leads us to who knows where
Who knows where….

(La strada è lunga, con molte curve tortuose che ci portano chissà dove, chissà dove….)