A volte le cose non si capiscono subito, e ci passano accanto, e non ci accorgiamo che un messaggio ci è stato inviato, perché aprissimo il cuore e la mente, perché aprissimo gli occhi…..
Sarà stato vent’anni fa, e sentii dire di qualcuno che aveva fatto un’esperienza – in una comunità – “con l’impermeabile”. Lì per lì mi parve un’espressione curiosa, ma continuò a girarmi in testa, finché, alla fine, capii.
In fondo è come salire una montagna. La puoi guardare da lontano, osservarne i fianchi ripidi, coperti di neve, o di boschi, oppure semplicemente vestiti di pietra, puoi guardare le nuvole aggrapparsi alla sua vetta, il sole farla risplendere, e non volere in nessun modo che la sorte della montagna e tua si possano incontrare. Qui sono io, la montagna è altro, e altrove. In questo modo, certamente, la montagna non può farti male. Ma potrebbe capitare che tu ti invaghisca di lei, che tu la voglia conoscere da vicino. E allora devi cercare una strada che porti alle sue pendici – o fartela indicare – e iniziare a salire.
E’ strana, la montagna. Non puoi sapere se ti accetterà o se ti rifiuterà finquando non cominci a salire sui suoi fianchi, lungo le sue creste, a scavalcarne i gradini millenari. Allora potrai riempire i tuoi occhi della sua bellezza eterna, del suo mistero che ti si svela pian piano, delle sue strade, dei suoi percorsi… ma questo non è sicuro. Succede talvolta che stai ancora guardando da vicino il profilo di una cresta affilata, e la montagna ti ha già scaricato, ti ha già vomitato via, ai suoi piedi. Forse, in questo caso, sarai fortunato, e riuscirai a curare le tue ferite, le tue fratture, i tuoi ematomi sparsi qua e la’, potrai recuperare le forze e anche riconsiderare la tua impresa, e domandarti se vale la tua vita.
Se tu fossi, invece , la montagna, ti domanderesti chi è che viene a te, chi percorre i tuoi fianchi, chi, che non sia la pioggia scrosciante, smuove le tue pietre coi suoi passi, chi si afferra ai tuoi appigli, alle tue creste, per vincere la tua resistenza. Potresti aver fortuna, se fossi la montagna, ed aver incontrato uno innamorato di te, che ti tocca con delicatezza, attento a non spostare le tue pietre, perché son tue, non sue, uno capace di riconoscere che tu sei la montagna, e puoi essere salita, ma non vinta, percorsa, ma non conquistata. Potrebbe andarti anche male, se tu fossi la montagna, e quell’uomo al quale hai permesso di camminare sui tuoi fianchi potrebbe avere con se un esplosivo al quale tu non sapresti resistere, e lentamente ti mangerebbe, ti divorerebbe, ti annienterebbe.
Se tu fossi un uomo e incontrassi un altro uomo, un giorno, potresti guardare incuriosito, potresti avvicinarti, considerare l’idea di farti amico questa nuova conoscenza, e lasciarti guardare dentro, dapprima un poco, poi sempre più, fino a diventare per lui, e lui per te, come un vetro trasparente attraverso il quale guardare il mondo, la vita. Ma non ci devi nemmeno pensare, non sarà indolore, non sarà a costo zero. Perché lui, entrando nel tuo cuore, ti ti ferirà anche senza volere, e forse non vorrai, in certi momenti, che il suo sguardo ti attraversi, perché lo sai, mentre si fa strada dentro di te ti trasforma, ti cambia, toglie e aggiunge, così come tu togli e aggiungi a lui. E niente, alla fine, garantisce che tu non sia respinto, ricacciato, ferito per il solo gusto di far male, o forse soltanto perché siamo persone e le persone possono anche sbagliare.
Ma, alla fine, è vero che le nostre ferite ci fanno più forti. Non invincibili, non intangibili. Ma impariamo piano il valore delle cose, scopriamo quanta fatica e quanto dolore, a volte, si celano dietro ad un sorriso condiviso, ad un nuovo cercarsi, ad un abbraccio sempre nuovo che, in fondo, per essere vero deve un po’ far male.
(Se vuoi leggi anche Gratitudine …. diciamo uno sguardo diverso)